Il blog di Fabrizio Venerandi su progettazione ebook si è spostato all’interno del network blog di Quintadicopertina:

http://www.quintadicopertina.com/fabriziovenerandi/

Buona lettura.

[1] durante l’ultimo laboratorio di creazione ebook sono stato ripreso perché parlo troppo di EPUB3. È vero, dopo aver stigmatizzato in lungo e in largo l’EPUB3, ho iniziato a parlarne e fare vedere le cose che si possono fare. Non che sia cambiato il mio giudizio sul formato o sul supporto in sé, che rimane sostanzialmente negativo, ma ePub2 è un formato riguardo al quale si è già detto tutto quello che si poteva dire e – lato amazon – kf8 ha più buchi che pregi. EPUB3 è comunque l’unica direzione di sviluppo di editoria digitale nella quale non ci sia il rischio di trovarsi in un vicolo cieco o – più facilmente – accecato.
[2] quando scrivo che di ePub2 si è detto tutto quello che si poteva dire, mento. Di ePub2 si è detto poco, pochissimo. Alcune sue caratteristiche non sono mai state utilizzate decentemente da nessun ebook reader e quindi sono rimaste lettera morta. Mi sono già dilungato in passato per il supporto indegno del linear="no", ma molto altro potrebbe essere scritto. Sapevate – ad esempio – che è possibile embeddare in un ePub2 un intero PDF? O che, per citare un altro illustre sconosciuto, è possibile creare un’isoletta xml nel mezzo dell’ePub2? Negli scuri meandri dei laboratori di Quintadicopertina abbiamo anche fatto un ePub2 interamente in TEI, e su alcune device (inaspettatamente: Ibooks) si leggeva anche.
[3] per unica direzione di sviluppo, intendo dire che se EPUB3 affondasse, magari sotto i tiri correttivi del W3C, il codice è una zattera universale che si può portare in qualunque ambiente di sviluppo si andrà delineando in futuro. Una delle maggiori competenze in ambito di editoria digitale – IMHO – non è solo conoscere le specifiche, ma sognarsi di notte i fallback per ogni singola azione che si va a fare.
[4] EPUB3 non significa necessariamente tablet. Principalmente tablet, certo, ma non necessariamente. Abbiamo installato un EPUB3 reader su un Onyx T68 e ci siamo divertiti a vedere cosa succede ad un libro testuale animato da javascript. Si possono fare tante cose interessanti, anche senza scomodare multimedialità e compagnia cantante. Senza parlare di media overlay, che già ora funziona molto bene in e-ink.
[5] è facile smettere di aver paura del multimediale, se sai come farlo. Il multimediale non è un video infilato in mezzo al testo, ma fa parte di un amalgama omogeneo tra contenuti coerenti fra di loro. È video, canvas, svg e tanto javascript. È una risorsa che va ripensata e utilizzata in un contesto nuovo, diverso sia dal libro che dal web.
[6] al corso abbiamo anche parlato del fixed layout. Il fixed layout non è il male, però ci somiglia. È una impostazione che tende a riprodurre il vecchio concetto del libro di carta, aggiungendo multimedialità e interazione, ma andando a corrompere qualunque discorso di sviluppo interamente digitale. Il solo concetto di un ebook in cui ogni pagina è un file separato dagli altri, dovrebbe far riflettere su quello che si sta andando a creare, alla sua futura manipolazione e alla sua longevità.

[7] non ho davvero un settimo punto, solo una notizia di ordine logistico. Un po’ come alla fine della messa il prete inizia a dire gli appuntamenti del mese, ecco. Questo blog è a fine corsa. Tra poco si sposterà altrove, assieme ad altri blog, quindi tenete caldi i vostri preferiti. Buon coding.

Ieri è uscito un nuovo ebook per Quintadicopertina, Deep Web – La rete oltre Google – Personaggi, storie e luoghi dell’internet più profonda, scritto da Carola Frediani. È un testo avvincente: un’indagine sul Deep Web, fatta in presa diretta. Invece che scrivere qualcosa per sentito dire, Carola ha preso il suo Tor, è entrata del Deep Web e ha iniziato a parlare, cercare informazioni, intervistare persone virtuali e sconosciute.

Dal punto di vista strutturale il testo ci ha permesso di lavorare sulla marcatura dei nomi dei numerosi personaggi incontrati e citati nel corso dei collegamenti; ma anche delle cose: associazioni, siti, azioni di attivismo politico, strumenti. Questi dati li abbiamo poi elaborati per due fitti indici interattivi a fine volume e un breve glossario.

Con questo ebook abbiamo anche voluto dare due stimoli al mercato ebook.
Il primo è la creazione di una wired edition. Si tratta di un normale ePub2 che contiene un capitolo intitolato “Ultimi aggiornamenti”. Se si apre con Ade o Ibooks, il capitolo è vuoto, contiene solo un invito a connettersi a internet. Se si apre con altri programmi (trovate qua la lista), il capitolo si connette al server di Quintadicopertina e popola il capitolo con notizie e aggiornamenti scritti dopo l’uscita dell’ebook.
È in pratica un ebook autoaggiornante, che permette al lettore di seguire le notizie relative all’argomento a cui è interessato nel corso del tempo. Deep Web Wired Edition vuole essere un primo esempio concreto di quello che secondo noi un ebook potrebbe diventare: non soltanto una raccolta di informazioni, ma anche un portale di accesso a dati e narrazioni che cambiano nel tempo e che arrivano contestualizzate e armonizzate all’interno dell’ebook.

Lo stesso capitolo visto da Ibooks (sinistra) e da Bookreader (destra)

Lo stesso capitolo visto da Ibooks (sinistra) e da Bookreader (destra)

Il secondo stimolo è quello dei Bitcoin. Deep Web è acquistabile con Bitcoin, la criptomoneta di cui si parla anche all’interno dell’ebook. Il discorso qui è più complesso e non ha a che fare con l’impaginazione, quanto con la distribuzione e la libertà del testo. La scelta forte in questo caso è quella di non distribuire immediatamente questo ebook sugli store generalisti, ma di iniziare a venderlo in maniera indipendente sul negozio di Quintadicopertina e utilizzando modalità inedite di pagamento, come quella dei Bitcoin, che altrove non sono possibili.

È difficile provare a fare innovazione, anche sbagliando, se si seguono solo le strade segnate dai grandi player. Cosa unisce la wired edition ai Bitcoin e alla distribuzione indipendente? Entrambi sono metodi con cui l’autore e l’editore chiamano il lettore ad un dialogo diretto: feedback sul testo ma anche sull’impaginazione, sulla tecnologia, sulla fornitura di un servizio che perdura nel tempo.

Sono passate meno di 48 dal lancio di Deep Web e i lettori stanno premiando questa scelta indipendente: acquistando in Bitcoin, provando l’edizione wired, scrivendoci per chiederci informazioni.

Tutto questo non ha niente a che fare con la rivoluzione dell’editoria digitale, ma forse dice qualcosa (e neppure noi sappiamo bene esattamente cosa) sulla realtà contemporanea di chi fa editoria oggi, sui rapporti che cambiano con i lettori e con i gestori dei grandi canali di comunicazione informatica.

{che sta succedendo a cittadella?}

Segnalo le recensioni che abbiamo fatto con Quintadicopertina di due nuovi interessanti ebook reader di Onyx, il Boox T68 e l’E43. Si tratta di due modelli per motivi diversi molto interessanti (uno dei due, il T68, mi ha anche dato la gioia di veder funzionare EPUB3 su e-ink). Si affiancherà poi la recensione di un modello più anziano ma ancora molto interessante come l’M92.

Ricordo che rimangono ancora otto posti per il corso ebook di Roma. Se volete imparare cosa c’è dentro un ePub, come marcare testo in XML e dargli regole di bellezza in CSS, questo corso potrebbe fare per voi.

  1. Il mercato dell’ebook è figlio del mercato musicale e video. Vendo musica in digitale, vendo video in digitale: perché non posso farlo anche con i libri, che è pure più economico? Tutti i DRM stanno lì a dimostrarlo. Kindle è nato come l’iPad dei libri.
  2. Questo è il mercato, baby. Nonostante alcuni interessanti esperimenti (Tender Metal per citarne uno squisitamente pop), il mercato della musica ha utilizzato il digitale solo per le sue potenzialità distributive. Non per quelle di relazione con il contenuto o la struttura musicale. Ascolto un MP3 con la stessa modalità passiva con cui ascolterei un cd.
  3. Se abbiamo un mercato degli ebook oggi è per questo legame strettissimo tra prodotto libro, capacità di acquisto di beni virtuali da parte dei consumer e aggiornamento tecnologico (siamo passati in meno di cinque anni dai 90 punti per pollice di un normale schermo lcd, ai 250/300 punti per pollice di e-ink o retina display).
  4. Incidentalmente, prima, durante e dopo questa rivoluzione digitale, quella – intendo – che porta il prodotto libro dentro al mercato di beni digitali, la parola scritta continuava a svilupparsi fuori dal libro. Ad esempio sul web.
  5. Altro incidente, per fare ebook, viene scelto un sistema di marcatura proveniente dal web, e vengono inserite all’interno delle specifiche ebook istruzioni per fare cose che si fanno sul web, ma non si possono fare con un libro. Ad esempio link ipertestuali.
  6. E qui siamo al centro della grande contraddizione:

    • abbiamo editori che fanno libri e che li esportano in un formato improprio, quello degli ebook, senza modificare il proprio flusso di lavoro. Fanno dei libri in digitale, ma non digitali;
    • abbiamo produttori di device e di programmi per leggere ebook che non hanno alcun interesse per sviluppare specifiche che rendano indipendenti gli ebook rispetto alle loro device. Ovvero: è meglio che gli ebook restino libri digitalizzati e che eventuali sviluppi in digitale siano vincolati al luogo dove si è acquistato l’ebook (ad esempio le notazioni aggiunte dal lettore);
    • abbiamo specifiche di formati per fare ebook che non sono adatte a fare ebook, essendo derivazioni poco coerenti di strumenti nati per fare web, ma senza avere la potenza (e la libertà) del web;
    • resta del tutto invisibile ai lettori e a buona parte degli editori la reale potenzialità di un discorso editoriale portato omogeneamente in digitale. Si marcano testi guardando solo alla tipografia, si producono dati non marcati (quindi inutili), si marcano testi marci: scansioni OCR prodotte sotto costo in qualche paese dell’est o dell’ovest del mondo.
  7. Questo porta ad avere una stasi del prodotto ebook, stasi a cui si contrappone di tanto in tanto una visionarietà web che preferisce parlare di un remoto futuro del libro, specie se multimediale, invece che affrontare i problemi e gli sviluppi reali della comunicazione, della narrazione e dell’informazione quotidiana, oggi, in digitale. Questo porta ad avere – ad esempio – testi a scorrere con dentro dei video, ma nessun ragionamento sulla manipolazione dei dati contenuti nel testo stesso, o sulla relazione con altri luoghi dove queste informazioni possono essere lette in movimento.
  8. Visto da dentro appare un panorama con grandi potenze inespresse e mal disposte. Ci sono soggetti, di solito piccoli, che queste potenze di tanto in tanto le mostrano e le realizzano in prodotti editoriali digitali. Di questi soggetti – come talvolta ci siamo trovati ad essere con quintadicopertina – si parla bene nel circuito. Talvolta questi soggetti vengono definiti coraggiosi. Finché la loro potenza non finisce e chiudono, o se ne vanno lontano dal mercato italiano a fare dell’altro.
  9. Questo porta il mercato digitale a proseguire la sua commercializzazione di libri digitalizzati e a favorire l’accentramento sempre più forte attorno a pochi soggetti che raccolgono attorno a sé la nuova moneta della cultura: la tecnologia.

(Qui il j’accuse di Alese)

“A Roma, a Roma!” avrebbe scritto il novello Cechov se avesse potuto partecipare ai laboratori di creazione ebook di Quintadicopertina. Sono infatti ben due i corsi che andremo a portare nella capitale:

  • il 28/29 giugno, corso base, per imparare cosa è ePub, come farli e modificarli, convertire per Kindle, stampare in pdf, entrare nella filiera digitale, promuovere il proprio lavoro;
  • il 12/13 luglio, corso avanzato, per impaginare i propri ebook in maniera evoluta, interrogarli per ottenere indici, cronologie, bibliografie interattive, rendere dinamici disegni vettoriali, far parlare gli EPUB3, modificare il testo toccandolo, inserire video e suoni.

Nel sito di QuintaFactory trovi il programma dettagliato dei due corsi e tutte le informazioni su come iscriversi. Se ti iscrivi entro il 28 maggio c’è anche uno sconto promozione sulla quota. Spread the voice!

A proposito del corso e dell’impaginazione digitale, abbiamo scritto qualcosa che potrebbe interessarti su EPUB3 e impaginazione bibliografica sul sito di quintadicopertina, mentre nel mio log ho scritto qualche riflessione (cliccabile) su ebook enhanced e il sangue del multimediale.

Buona lettura.

Come è cambiato il digitale nel salone del libro a quattro anni dalla prima volta che lo abbiamo vissuto da editori digitali?
L’impressione è che il digitale resti un convitato di pietra all’interno del Salone. Non si vede il digitale e si ha anche difficoltà a toccarlo. Il Salone ha ancora radicata la sua natura di fiera a scaffali: è ancora un salone del libro, inteso come oggetto-merce primaria che permette agli standisti di ammortizzare più o meno significativamente la propria presenza. Del digitale si parla tantissimo, nella zona ebooktothefuture, si ripete il mantra del libro del futuro, ma non si è ancora trovata una formula che permetta al salone del libro di diventare un salone della lettura.

Gli attori del digitale sono costretti a formalizzare i propri contenuti in cartoline, collane, oggetti, per riuscire a trasmettere il bene ebook al pubblico. Devono munirsi di device, fare presentazioni, reading o qualunque altro modo per uscire dalla forma libro. Questo sforzo, creativo ed economico, è sostanzialmente demandato ai singoli attori. Non esiste una infrastruttura del salone che dia all’editore digitale la stessa strumentazione dello scaffale o del bancone di libri dell’editore tradizionale.

Non è un caso che gli editori digitali, nella zona digitale, siano una minoranza: vincono i distributori/store (IBS principalmente: Bookrepublic non c’era e Stealth non c’è da anni), le micro-startup e i servizi per self-publisher/editori. Rispetto agli anni passati spariscono gli stand dei produttori di tecnologia: Kindle era ospite di Giunti, Kobo appariva in uno stand semivuoto di Mondadori, Pocketbook in quello IBS e Onyx/Arta Tech in quello di Quintadicopertina.

Il pensiero, passeggiando lunedì nella zona digitale, è che per i digitali il salone del libro rappresenti un costo e un impegno: già dalla sera di domenica alcuni stand della zona digitale apparivano smontati alla ben e meglio e lunedì erano diversi i digitali che avevano rinunciato a fare da coreografia dei corridoi.

Eppure nell’ebookcafé mi sono trovato a discutere con altri editori digitali, mostrare soluzioni EPUB3, parlare delle politiche di questa o quella grande testata nazionale, curiosare nei prototipi di eReader e tablet ancora in uscita, scoprire ereader e device d’antan e le loro curiose specifiche, ascoltare poetesse/grafiche mentre mi mostravano le loro opere di letteratura elettronica. Di tanto in tanto nello spazio ebookcafé inculcato a forza nel salone tornava quello spirito pionieristico, digitale e creativo del mai dimenticato ebookfest di Fosdinovo. Rivisto alla luce di nuove parole come sostenibilità, risorse e mercato.

[continua?]

Sono stato al salone del libro, tutti i giorni dalle dieci alle dieci di sera, talvolta fino alle undici di sera. Non era la prima volta che con quintadicopertina andavamo al salone del libro, ma è stata una delle più piene che io abbia vissuto. Lo stand #ebookcafè era nella zona book to the future che dovrebbe raccogliere gli stand che maggiormente guardano all’innovazione e che per buona parte era occupata dallo stand del libraccio e da quello di alcuni produttori di giochi in scatola. La disintermediazione era un tema caro di questo salone, assieme a quello del respiro: corridoi più ampi, meno stand, meno editori, spazi regione a far da padrone assieme a quelli delle forze armate di diverse armi, zone barilla o chi per essa, venditori di cibo, domopack.
La parcellizzazione degli spazi stand ha fatto sì che quest’anno ci fossero spazi grossi come una cabina telefonica (gli spazi startup della zona digitale), e spazi grossi come due cabine telefoniche (gli spazi incubatore dove, incidentalmente, c’erano anche startup digitali). Le cabine telefoniche vere sarebbero venute comunque bene visto che la rete celluare o wi-fi erano quasi inutilizzabili.

Quest’anno, con altri tre editori digitali e con un partner tecnologico produttore di e-ink, abbiamo organizzato incontri, portato modelli prototipi di cellulari e-ink, fatto parlare autori, lettori, mostrato il codice, fatte performance: e tutto questo pagando il salone del libro e senza avere la seria possibilità di vendere ebook, anzi, dovendo affermare in qualche modo la propria presenza in un salone in cui si è elementi diversi.

Questo in un mondo di chiacchiere sul futuro del libro e dell’ebook, in cui si continua a preferire il guardar lontano per non prendersi carico della contemporaneità del digitale: progetti editoriali che vengono tagliati a fettine per abbassare i costi di vendita al dettaglio, snaturando la loro natura enciclopedica, grandi annunci di partnership tra attori nazionali e internazionali (Giunti-Amazon) che si riducono ad avere in vendita i Kindle in questa o quella catena di vendita libri e soprattutto accentramento sempre più importante attorno a soggetti transnazionali. Mentre ero al salone del libro è arrivata la mail di feltrinelli che mi diceva di non perdere l’occasione di portare i libri acquistati da feltrinelli su Kobo. Che non è in realtà un’occasione, ma l’ennesimo accentramento di potere kobo-amazon, sia dal punto di vista delle device che dei servizi di vendita digitale.

Se in salone del libro gira come grande novità una cosa come il flipbook, beh, qualche problema c’è. Con quella carta poi, il passaggio al flopbook è breve.

[continua]

indesign ha fatto gli stessi danni all’editoria di quelli fatti da office negli uffici; c’è gente simpatica che arriva al mondo editoriale e non sa bene perché; fare tre passi e poi ascendere in cielo è un po’ il goal di tutte le attività basate sul digitale: un editore di cui tacerò il nome mi dice che lui gli ebook li odia, lui ama la carta, meglio se fatta a mano; incalzato poi confessa che però legge un sacco di ebook; incalzato ancora ammette che però sono il futuro; all’ebookcafé un signore protesta perché non facciamo panini; quando si parla bene, tra addetti ai lavori, del mondo degli ebook, ci si sente tutti voltaire; “però gli ebook sono il futuro” è una frase che era già vecchia nel 2010; non bisogna mai parlare di cose tecniche con nessuno, nemmeno con i tecnici; “è un mercato che è solo al 3%” è la versione 2014 del “è un mercato che è solo allo 0,06” del 2011; se il prossimo anno ci danno dentro per tempo, il salone del libro potrebbe cambiare il nome in “il salone del gusto e degli spazi regione”.

A presto, #ebookcafe stand K151, Quintadicopertina con Informant, Asterisk, Quotidiano Piemontese e gli ereader Arta Tech – Onyx.